“Greco
Eroe d’Europa”
è un libro-testimonianza redatto con competenza e sensibilità da
Francesco De Palo nel periodo topico dei disastri scaturiti dalla
consapevolezza del default
ellenico.
Pubblicato da Albeggi Edizioni nel 2014, dallo scorso anno ha
rispettato un nutrito calendario di presentazioni, inaugurato a Roma
nel Centro Studi Americano. Spiccano le tappe di Atene (presso il
Ministero dell’Informazione) e di Milano, mentre in Puglia è già
stato illustrato ufficialmente a Bari ed a Brindisi.
“Greco
Eroe d’Europa”
rintraccia la sua genesi nell’esperienza che l’autore vive e
matura in terra ellenica due anni prima, in quel 2012 che ha sancito
l’applicazione delle severe norme imposte dall’Unione Europea
attraverso la Troika e quel suo memorandum “lacrime
e sangue”,
destabilizzando in maniera drammatica la già precaria situazione
gestionale e sociale della Grecia stessa, in tutti i suoi settori di
vita. Si tratta di un pamphlet,
quindi un “breve saggio”, che rispetta i criteri dell’agilità
stilistica e della fruibilità: scorrevole nella lettura, quindi, ma
anche educativo, chiaro nella spiegazione dei tecnicismi (siano essi
di matrice burocratica, giuridica, economica), esplicativo circa la
narrazione degli eventi che fungono da substrato essenziale e
propedeutico alla comprensione, o allo studio, delle strategie che
l’attuale governo ellenico, capitanato dal neo premier, l’homo
novus
Alexis Tsipras fresco di alloro dalle urne, e dal suo collaboratore
più carismatico, il Ministro delle Finanze Ioannis Varoufakis, sta
adottando nell’arena dell’Eurogruppo, sfidando con proposte
originali lo scetticismo di Berlino, circa la razionalizzazione di un
debito che non può essere estinto dalle casse greche.
“Greco
Eroe d’Europa” consta
di una struttura tripartita: l’Autore ha operato direttamente sul
campo, raccogliendo ed appurando le fonti, rispettando così la
precisa missione deontologica del giornalista che ricostruisce e
narra i fatti oggettivamente, analizzandone i dettagli con
obiettività, eppure risulta emotivamente partecipe nella denuncia di
un disagio di proporzioni enormi.
La
stesura incessante che risiede nella prima, corposa parte del libro
coincide con la rivelazione di un “fallimento”,
quello della Grecia appunto, tecnicamente non ufficializzato ma
vigente. Lo scenario descritto dall’Autore è preoccupante e
soffoca in una morsa l’intera popolazione: impossibile non
lasciarsi coinvolgere, anche commuovere, dal racconto delle
condizioni disastrose in cui versa il ceto medio ellenico,
trasformato nella casta dei “nuovi
poveri”.
Conseguenza estrema di un’amministrazione pessima delle risorse, ma
anche di una superficialità inconcepibile adottata nei piani alti
(il riferimento alla mancata lettura di tutte le quattrocento pagine
del memorandum prima della sua approvazione in Parlamento è
sintomatica). L’Europa crea disservizi, non funziona, riduce al
collasso la Madre Patria Greca e mette in discussione il ruolo del
Mesogheios, innescando in modo rischioso un senso di apatia,
contraltare alle urla di disperazione
della gente nei confronti di un immobilismo insano, di una
“soluzione”
che stenta ad arrivare, e che invece dovrebbe continuare a sottendere
al significato stesso della parola “crisi”,
etimologicamente ereditata dal greco antico. Un crescendo di
situazioni allarmanti, quello descritto dall’Autore: tagli drastici
che minano alla stabilità della popolazione ed al rispetto dei
propri diritti, tassazioni esasperate che sconvolgono il sistema ed i
suoi protagonisti. I greci perdono il lavoro, maturano salari
inconsistenti, la disoccupazione aumenta vertiginosamente.
L’esasperazione ha condotto alle proteste in piazza come ai
suicidi, mentre lo iato con la classe imprenditoriale, dedita ad
accaparrarsi testate giornalistiche, emittenti e società di calcio
fra le più blasonate del Paese, è solcato prepotentemente. Gli
ospedali non garantiscono le cure, i pazienti sono costretti alla
rinuncia delle stesse, i farmaci scarseggiano, i bambini sono
denutriti e l’intervento delle ONG diventa fondamentale. Nel
vortice di numeri, di spread e di crisi del mercato, s’incastonano
figure che, al fine di non smarrire la dignità a margine di una
condotta di vita agiata ormai interrotta, compongono file silenziose
dinanzi ai ristoranti, per beneficiare di un cestino di cibo, lo
stesso che altri chiedono alle mense della Caritas, o che addirittura
cercano rovistando nei cassonetti. La culla della civiltà e della
cultura è umiliata: l’Autore, nell’immedesimazione esercitata
nella composizione del suo “diario di bordo”, non dimentica lo
scandalo che ha coinvolto la classe giornalistica, privata della
libertà d’informazione. Esamina poi, scevro da alcuna forma di
pregiudizio, il potere ammaliante esercitato dalle correnti
estremistiche, sia essa Syriza o Chrisì Avghì (Alba Dorata), con la
sua visione esclusivistica e nazionalistica.
La
seconda parte del libro
stempera le tensioni implicitamente metabolizzate nel lungo prologo.
Il gusto dell’inchiesta filtra attraverso due approfondite ed
interessanti interviste: in primis, il colloquio con Kostas
Vaxevànis, giornalista greco noto per aver pubblicato i nomi degli
illustri evasori fiscali ellenici contenuti nella lista Lagarde,
azione che gli è costata l’arresto. Successivamente, la
chiacchierata con lo scrittore Petros Màrkaris, il “Camilleri
greco”, nell’analisi del suo personaggio più famoso, il
commissario Charitos.
Una
serie di racconti intrisi di positività, legati a personaggi
emblematici di quell’orgoglioso senso di appartenenza che
contraddistingue da sempre il popolo greco introduce la terza
ed ultima parte del testo.
Che coincide con un inno alla speranza, un messaggio alla
riacquisizione di una mentalità sublime, avvezza ad esaltare e
recuperare i valori della cultura, della sinergia delle varie
intellighenzie, delle idee, analizzando il passato nella crisi
presente, affinché si possano creare le premesse e le fondamenta per
un futuro maggiormente rassicurante. L’Autore si concede una vera e
propria digressione
storica,
perché è la Storia a dover essere identificata quale giusto punto
di riferimento per lo smarrimento della popolazione ellenica e non
solo. L’Autore rivendica la riaffermazione della “mediterraneità”,
del ruolo che le genti del Mediterraneo devono assolutamente
recuperare per imporsi nella cosiddetta eurozona. Il celebre episodio
delle Termopili,
delle “porte di fuoco”, diventa così una vera e propria
metafora:
quella dello spirito di reazione ecumenica che i greci riuscirono ad
esprimere e che devono replicare nell’eccezionalità del momento
attuale. De Palo evoca Erodoto per ricordare l’alleanza solida
promossa fra le poleis,
compatte nel contrastare l’incombente pericolo persiano. Dalle
strategie militaresche studiate da Temistocle avverse l’avanzata di
Serse, sino al tradimento di Efialte ed al sacrificio mai vano dei
Trecento di Leonida: il luogo delle Termopili, che conserva una sorta
di culto della figura del sovrano e condottiero spartano, è
qualificato dall’Autore come simbolico
ed ispiratore
dell’Unione Europea. Lì, dopo la battaglia, furono infatti
costituite le Amfiktionìes, primo tentativo di organizzazione e di
rispetto fra molteplici poleis. Un esempio di un’attualità
disarmante, al quale l’Autore affida i suoi pensieri conclusivi. E,
probabilmente, considerate le sue recenti opere di cronaca, anche un
volàno per la composizione di un nuovo elaborato.
Alessandra
Carpino per
il
Nessun commento:
Posta un commento