Siamo stati anche noi, l'altra notte, tra il 26 e il 27 luglio, involontari protagonisti e ancor meno volenterose vittime dell'ultimo - in ordine di tempo - disservizio di Ryanair, la popolare compagnie di voli low cost (e low profile). Dodici ore di incertezze, di mancanza di informazioni, di paura e di preoccupazione per oltre 170 passeggeri, turisti italiani di ritorno dalle vacanze sull'isola di Kos, nel Dodecanneso.
Anche noi dovevamo rientrare in Italia con quel volo, avevamo prenotato i nostri tre posti sull' FR7777 che doveva partire alle 23,00 ora locale. Dopo oltre trent'anni, prima volta in Grecia in aereo. All'andata, una settimana prima, tutto tranquillo da Bari a Kos, anzi check in abbastanza rapido, volo regolare, arrivo con 5 minuti d'anticipo in Grecia e applauso di circostanza al pilota al momento dell'atterraggio da parte di turisti allegri e desiderosi di divertirsi.
L'incubo, almeno per noi, si è materializzato invece una ventina di ore prima della partenza per il ritorno: la mattina di giovedì 26 verso le 5,00 abbiamo sentito rumori nei corridoi nel nostro albergo. Trolley che venivano tirati, passi, porte aperte e richiuse. Nel dormiveglia abbiamo pensato ai soliti nottambuli, a qualche fanciullo alticcio che tornava a dormire dopo una nottata di schiamazzi e di bravate, ma in realtà non si sentivano voci, era tutto abbastanza ovattato e, tutto sommato, non è stato un gran fastidio. Al risveglio abbiamo trovato la hall, le poche stanze libere, i corridoi occupati da un gruppo consistente di turisti inglesi che in nottata erano stati portati lì a causa dell'annullamento del loro volo per Manchester. Motivo: nebbia sull'isola il cui aeroporto non possiede sistemi di ausilio al volo in condizioni climatiche avverse. I poveretti sono stati smistati dalle varie compagnie aeree negli alberghi liberi della zona ed avevano avuto a disposizione i bagni per potersi lavare, una colazione e delle sedie - forse qualche letto - per potersi riposare fino all'orario del volo successivo.
Un prurito di preoccupazione si è fatto avanti: possibile che venga tenuto aperto di notte, senza sistemi avanzati di assistenza all'atterraggio e al decollo, un aeroporto insulare dove la nebbia non sarà una realtà londinese ma è pur sempre un evento ipotizzabile? E perché - soprattutto - le compagnie aeree mettono voli notturni se le condizioni non sussistono e il rischio è concreto? Forse siamo ingenui a farci queste domande, ma il nostro aereo è alle 23,00 di stasera...
Con questo timore nel tardo pomeriggio ci siamo diretti all'aeroporto Ippokratis di Kos dove il check in di nuovo è stato abbastanza snello e veloce e dove intorno alle 21,30 è iniziata a formarsi l'ordinata fila per l'accesso all'aereo davanti alla porta 9.
Aeromobile che ancora non si vedeva sulla pista, per il semplice motivo che non c'era. Ironie, scherzi, battute. Ad un certo punto ho chiesto, tanto per scambiare qualche chiacchiera, se qualcuno sapeva niente dei voli cancellati della notte precedente, profilando ironicamente un eventuale rischio anche per noi.
Alle 23,00 ora di partenza, dopo un'ora e mezzo di fila in piedi, iniziano le prime voci di stanchezza. 23,30-23,45 dell'aereo nemmeno l'ombra. Qualcuno azzarda a chiedere all'hostess: l'aereo sarebbe in volo sull'isola in attesa che si diradi la nebbia per poter atterrare. L'incubo "Manchester" si impadronisce di noi...
Si fa mezzanotte fra attesa e stanchezza, qualcuno inizia a sedersi a terra e a prendere le giacchine e i cardigan dalle valigie, chi non ce li ha si copre con gli asciugamani perché l'aria condizionata e molto potente.
L'acqua ci era stata già requisita e la sete è sovrana. Con l'aria condizionata a palla siamo quasi disidratati. 12,30 - 12,45 si materializza la voce che l'aereo se ne sia andato ad atterrare a Rodi e che lì stia aspettando di poter tornare a prenderci. Lo sconforto avanza. Si parla di una possibile partenza alle 6,00.
Anche noi dovevamo rientrare in Italia con quel volo, avevamo prenotato i nostri tre posti sull' FR7777 che doveva partire alle 23,00 ora locale. Dopo oltre trent'anni, prima volta in Grecia in aereo. All'andata, una settimana prima, tutto tranquillo da Bari a Kos, anzi check in abbastanza rapido, volo regolare, arrivo con 5 minuti d'anticipo in Grecia e applauso di circostanza al pilota al momento dell'atterraggio da parte di turisti allegri e desiderosi di divertirsi.
L'incubo, almeno per noi, si è materializzato invece una ventina di ore prima della partenza per il ritorno: la mattina di giovedì 26 verso le 5,00 abbiamo sentito rumori nei corridoi nel nostro albergo. Trolley che venivano tirati, passi, porte aperte e richiuse. Nel dormiveglia abbiamo pensato ai soliti nottambuli, a qualche fanciullo alticcio che tornava a dormire dopo una nottata di schiamazzi e di bravate, ma in realtà non si sentivano voci, era tutto abbastanza ovattato e, tutto sommato, non è stato un gran fastidio. Al risveglio abbiamo trovato la hall, le poche stanze libere, i corridoi occupati da un gruppo consistente di turisti inglesi che in nottata erano stati portati lì a causa dell'annullamento del loro volo per Manchester. Motivo: nebbia sull'isola il cui aeroporto non possiede sistemi di ausilio al volo in condizioni climatiche avverse. I poveretti sono stati smistati dalle varie compagnie aeree negli alberghi liberi della zona ed avevano avuto a disposizione i bagni per potersi lavare, una colazione e delle sedie - forse qualche letto - per potersi riposare fino all'orario del volo successivo.
Un prurito di preoccupazione si è fatto avanti: possibile che venga tenuto aperto di notte, senza sistemi avanzati di assistenza all'atterraggio e al decollo, un aeroporto insulare dove la nebbia non sarà una realtà londinese ma è pur sempre un evento ipotizzabile? E perché - soprattutto - le compagnie aeree mettono voli notturni se le condizioni non sussistono e il rischio è concreto? Forse siamo ingenui a farci queste domande, ma il nostro aereo è alle 23,00 di stasera...
Con questo timore nel tardo pomeriggio ci siamo diretti all'aeroporto Ippokratis di Kos dove il check in di nuovo è stato abbastanza snello e veloce e dove intorno alle 21,30 è iniziata a formarsi l'ordinata fila per l'accesso all'aereo davanti alla porta 9.
Aeromobile che ancora non si vedeva sulla pista, per il semplice motivo che non c'era. Ironie, scherzi, battute. Ad un certo punto ho chiesto, tanto per scambiare qualche chiacchiera, se qualcuno sapeva niente dei voli cancellati della notte precedente, profilando ironicamente un eventuale rischio anche per noi.
Alle 23,00 ora di partenza, dopo un'ora e mezzo di fila in piedi, iniziano le prime voci di stanchezza. 23,30-23,45 dell'aereo nemmeno l'ombra. Qualcuno azzarda a chiedere all'hostess: l'aereo sarebbe in volo sull'isola in attesa che si diradi la nebbia per poter atterrare. L'incubo "Manchester" si impadronisce di noi...
Si fa mezzanotte fra attesa e stanchezza, qualcuno inizia a sedersi a terra e a prendere le giacchine e i cardigan dalle valigie, chi non ce li ha si copre con gli asciugamani perché l'aria condizionata e molto potente.
L'acqua ci era stata già requisita e la sete è sovrana. Con l'aria condizionata a palla siamo quasi disidratati. 12,30 - 12,45 si materializza la voce che l'aereo se ne sia andato ad atterrare a Rodi e che lì stia aspettando di poter tornare a prenderci. Lo sconforto avanza. Si parla di una possibile partenza alle 6,00.
All'1,30 nuova notizia dai telefonini e dai collegamenti web: a Bari, dove molti parenti aspettano impazienti, il volo risulterebbe cancellato. Secondo altri l'aereo sarebbe rientrato da Rodi a Bari. La compagnia avrebbe detto a chi veniva in Grecia "Chi vuole resta a Rodi, chi non vuole torna a Bari" (sottinteso "e il servizio finisce lì").
Alle 2,00 l'altoparlante finalmente gracchia qualcosa in inglese: qualcuno capisce che il volo è definitivamente annullato e che siamo liberi di cercarci una sistemazione. Da Ryanair nemmeno una parola, ma - del resto - di Ryanair non c'è nessuno e per le operazioni di imbarco si fa capo ad Olympic Airways.
Mi reco dall'assistente che fa cenni eloquenti di allontanarci dall'aeroporto e gli chiedo che cosa accade in queste circostanze e che cosa possiamo fare. La risposta, ancor più eloquente e comprensiva di tutto, "quello che volete, ma fuori dall'aeroporto". Gli dico che ho un ragazzo di 12 anni morto di sonno e digiuno e naturalmente mi risponde che non è un problema suo.
Lui continua a blaterare, gli altri addetti alla sicurezza sono più comprensivi e ci suggeriscono di pazientare e fare sbollire gli ardori. Alla collega che cerca di calmarlo risponde con la colorita espressione greca che non è necessario tradurre "θα γίνει της πουτάνας" (cioè, in un certo senso, che al mattino sarebbe diventato un porcile). Gli facciamo notare che per noi da alcune ore è già diventato "της πουτάνας" e stendendomi lungo sulle poltrone gli urlo provocatoriamente ed eroicamente Μολών λαβέ!
Qualcuno ritira la valigia e accetta con rassegnazione di andarsi a cercare un taxi e un albergo. La maggior parte decide di non muoversi, la paura è che uscire dall'aeroporto possa significare la rinuncia a qualsiasi diritto alla ripresa del volo. Non ho voglia di tornarmene a casa a spese mie! In qualche modo devono pensarci loro.
Le minacce si alternano alle promesse, niente di ufficiale ma blandite dagli assistenti, tipo "se ve ne andate adesso in buon ordine la compagnia mette un altro volo domani, altrimenti ci arrabbiamo". Alle 3,00 sembra quasi una comica. Dall'altoparlante, sempre in inglese, ci dicono che ci viene offerto un caffè al bar esterno. Sembra quasi che dicano "bimbo vuoi la caramella? vieni a prenderla". Naturalmente nessuno esce dal gate nonostante siamo digiuni, assonnati e preoccupati. Alle 4,00 altra offerta: sempre al bar esterno, ma con promessa di poter rientrare esibendo la carta di imbarco, un sandwich e una bottiglia d'acqua. Cominciano a cedere? Ci arrischiamo, ma al rientro di nuovo metal detector, telefonino, chiavi, cintura, pantaloni che cadono, spiccioli, orologio. Intanto le altre compagnie lentamente hanno imbarcato i propri clienti sui pullman e li hanno smistati negli alberghi. Noi no.
Alle 6,00 di aereo nemmeno a pensare. La nebbia è ancora fitta mentre si scorgono le prime luci dell'alba, e nessun altro aereo è più decollato o atterrato. Forse verrà un equipaggio con un volo straordinario alle 11,20, ma ormai chi ci crede più?
E invece poco dopo le 10,00 eccolo lì materializzarsi lungo la pista. Naturalmente nuovo check in, nuovo controllo bagagli, nuova rivista delle carte di imbarco e nuova esibizione di documento di identità, nuova conta delle persone "perché qualcuno potrebbe aver deciso di rinunciare al volo" (sì, ed essersene tornato a nuoto, o qualcuno potrebbe essersi intrufolato per il gusto di un'esperienza forte vissuta gratuitamente?) ulteriore offesa alla dignità di persone abbandonate per una intera notte nonostante le ripetute vane richieste di comprensione e di buon senso...
Si prende posto sull'aereo, il comandante si scusa a nome della compagnia per il disagio procurato, sembra piuttosto una sua iniziativa personale, ma non si risparmia lo stesso la bordata di fischi, e alla giovane hostess "per favore fate presto a sistemarvi, altrimenti arriviamo in ritardo" un sonoro ma vaffan... (ma forse è l'unica incolpevole di tutto) è davvero liberatorio!
Ripresosi dallo sconforto iniziale di una nottataccia imprevista, anche uno smarrito Giulio Rapetti Mogol riconosce a mia moglie Daniela "Signora, stanotte gliene ha davvero cantate due a quell'antipatico di greco" . Detto da lui che di "cantare" si intende forse come nessun altro, credo che si possa considerare proprio un complimento da ricordare...
Il tempo di alzarsi in volo ed ecco la Puglia sotto di noi, Taranto all'orizzonte con i suoi mari e i suoi guai.
Adesso ricominciano i veri problemi...
Nessun commento:
Posta un commento