giovedì 14 maggio 2015

L’icona ortodossa metafora del percorso spirituale dell’anima

Padre Domenico Cantore racconta l’attività artistica e cenobitica
della Fraternità degli Oblati di San Basilio


L’impatto è sorprendente e rassicurante. Ad un passo dalla frenesia quasi monotona e dal caos. Un locus amoenus permeato da un alone che sintetizza sacralità, arte e genuinità conviviale. Un eremo, in perfetto stile bucolico, incastonato nella contrada di San Basilio, nell’entroterra tarantino: i colori esplosivi della primavera, il sole tiepido, il cane bianco che controlla, il pollaio in fermento, la natura che si risveglia ed elargisce i suoi primi frutti.
E nell’abitazione, semplice e completa, si svela uno scrigno di virtuosismi pittorici, ispirati a dottrine e tradizioni ancestrali, che rimandano all’antichità genericamente ortodossa, già custodita nei centri nevralgici della madre patria Grecia e non solo. Ad accogliere è Padre Domenico Cantore, ieromonaco appartenente alla Fraternità degli Oblati di san Basilio Magno, progetto ecumenico di vita contemplativa e cenobitica. La sua casa è insieme atelier di creazioni iconografiche, comunità di preghiera, punto di riferimento per i bisognosi. Un’atmosfera di pace e sorrisi, un viaggio spirituale e didattico, un simposio in piena regola: dolce ed originale è stata l’esperienza vissuta dai soci del Dopolavoro Filellenico di Taranto, ospiti speciali nella dimora lo scorso 25 aprile, grazie all’iniziativa promossa dall’opera sempre incessante ed appassionata del presidente Giancarlo Antonucci.
Nel laboratorio di Padre Domenico la luce filtra ed illumina le tavole tinteggiate come gli schizzi accennati nel disegno: legni di ogni dimensione da trasformare in opere d’arte dal sapore retrò bizantino, pennelli e stoffe bianche, ferri del mestiere altamente qualificati perché naturali, dai barattoli vitrei colmi di pigmenti scintillanti giunti da lontano, alle misteriose polveri dorate, sino ad efficaci quando indispensabili riserve di albume d’uovo e colla di coniglio.
Accedere alla cappella votiva equivale ad un autentico percorso dell’anima, che proietta emozioni e pensieri verso terre esotiche, verso le istantanee ed i ricordi di monasteri e cattedrali opulente e severe: il cromatismo delle icone bizantine-ortodosse è rispettato, trionfano gli sfondi in oro, il blu cobalto ed il lapislazzulo, il rosso della fiamma, il verde brillante, ma anche il bronzo e l’avorio.
I soggetti religiosi esaltano le figure del Cristo e della Vergine, ora che allatta la sua divina creatura (il seno appena accennato, un’assenza di proporzione col resto dell’immagine, è sintomatico di “discrezione”), ora che abbraccia il Figlio spirante. Didascalie elleniche corredano invece le raffigurazioni di Santi fieri e trionfanti, e Sante giovani e delicate.
Tutto allestito intorno ad altarini, sui quali sono adagiati libelli di preghiere, tra candele accese e sottili esalazioni d’incenso. “La mia vocazione nasce dal fascino dell’iconografia - Padre Domenico Cantore racconta la genesi della sua vocazione, spirituale ed artistica - Da bambino, il mio gioco preferito era osservare le immagini sacre che si trovano ancora oggi nelle chiese rupestri del mio paese natale, Ginosa. Ammiravo, contemplavo e pregavo davanti a questi affreschi bizantini. Divenuto più grande, lo studio della teologia e di alcune comunità ortodosse mi ha permesso di approfondire il valore autentico di quelle immagini, il significato del loro colore, della loro geometria, quindi il senso spirituale stesso racchiuso in esse”. Evoluzione intimistica della “passione” per la storia, la disciplina e la creatività del mondo ortodosso: “Ho iniziato uno studio preciso ed intrapreso una serie di viaggi: sono stato a Salonicco, in Libano, in Romania, in Francia - continua lo ieromonaco - Ho conosciuto gli artisti che dipingevano le icone, gli “iconografi”. Quanto io avevo sperimentato da solo, con matita e cartoncino, si è trasformato in una seconda professione”.
Un iter formativo complesso, originale ed eclettico, quello che ha caratterizzato la crescita spirituale di Padre Domenico: “Mi sono avvicinato alla Fraternità Ecumenica di Gesù dopo l’esperienza di direttore dell’ufficio ecumenico: per cinque anni, infatti, nella mia diocesi mi sono occupato di ecumenismo ed ho potuto conoscere meglio il mondo ortodosso, attraverso convegni ed incontri organizzati in vari territori, da Roma a Bari”.
La qualifica della sua personale “missione” avviene in modo naturalmente consequenziale: “Ho scelto di diventare monaco ortodosso: l’amore per le icone e per la liturgia ereditate dall’oriente cristiano mi attirava più del rito latino - confida sorridendo Padre Domenico - Come sacerdote latino, sono stato ordinato il 2 aprile 2005. Dopo la fondazione della Comunità di Gesù, che è laicale, mi sono chiesto se non fosse il caso di fare un’esperienza anacoretica, quindi di ritirarmi in solitudine. Il mio lavoro pastorale è esplicato in ospedale, come cappellano. Ricopro la stessa funzione anche in ambito militare. Da cinque anni ho acconsentito ad una vita semi anacoretica, chiudendomi in casa a studiare a dipingere ed a pregare”. Un’osmosi fra sacralità privata ed abnegazione verso la fratellanza esterna: “Abito in un eremo in aperta campagna, ma molti ragazzi si sono avvicinati, appartenenti anche ad altri ordini - spiega il monaco ginosino - E’ scaturita l’intenzione di fondare gli Oblati di San Basilio, poiché io mi sono sempre reputato un monaco basiliano. Ho iniziato a raccogliere alcune vocazioni, a valutare le singole esperienze: ci sono vari ragazzi che vogliono consacrarsi in questa fraternità”.
Terapia e confronto, dialogo ed evangelizzazione: la vita degli Oblati di San Basilio è spiritualmente proficua, psicologicamente taumaturgica, artisticamente produttiva: “L’attività nei nosocomi mi ha portato ad interessarmi delle persone con malesseri della vita interiore: essi vanno dalla depressione alla semplice tristezza, dal suicidio al dramma del malato terminale - conferma lo ieromonaco - Iniziai con una ragazza, la quale mi affiancò nel dipingere la vetrata della cappella dell’ospedale di Castellaneta, e da lì ho intuito che questo tipo di opera avrebbe potuto aiutare, sarebbe potuta servire anche a distrarsi, anche per qualche ora. La nostra non è una classica “psicoterapia”, ma abbracciamo la “Cristoterapia”, attraverso la preghiera, la contemplazione di un’icona. Tutti siamo “disturbati” dal peccato, dal caos che ci circonda ogni giorno: ritirandosi in questo luogo, la persona si ritempra nello spirito, nel silenzio e nell’assorbimento interiore. Contemplando un’icona, la stessa persona riesce anche a riappropriarsi della propria esistenza”. Nutrito è il gruppo che ha sposato questa dottrina dell’anima: “Per quel che concerne la Fraternità Laicale, abbiamo ventotto consacrati. E’ dedicata a Gesù. Inoltre ci sono i monaci, gli Oblati di San Basilio appunto: noi ci riuniamo due volte alla settimana e la preghiera è aperta a tutti: agli associati come a coloro che sono semplicemente di passaggio - spiega con precisione padre Domenico - Ci sono persone che ci chiedono di compiere un percorso: nella nostra Fraternità, c’è la riscoperta dell’accompagnamento spirituale. Vorrò sempre un eremo che non sia una parrocchia o un luogo pastorale attivo, ma che sia invece un punto fermo della preghiera, al quale la gente possa accorrere come in un pronto soccorso, ma per essere ascoltata, consolata, per ricevere guarigioni interiori. Non è solo la riscoperta teologica e spirituale dell’iconografia e della disciplina orientale, altrimenti “scimmiotteremmo” soltanto. E’ la valorizzazione della vocazione essenziale dello stare accanto al padre spirituale, al sacerdote che ascolta le anime pellegrinanti”. Un “doppio nome”, quello col quale si firma lo ieromonaco: “I miei amici della Grecia mi chiamano anche Kyriakos!”, sorride. Frequenti sono le sue trasferte in territorio ellenico, meta indispensabile per aggiornarsi nella dottrina, per condividerla e per radunare ed esportare il materiale: “Il percorso per scrivere un’icona, per analogia, lo attribuisco al percorso che un’anima fa per raggiungere l’estasi, una guarigione o una liberazione - padre Domenico Cantore illustra il processo stilistico, pragmatico eppure onirico, attraverso il quale si genera e perfeziona un’icona sacra tradizionale ortodossa - La tavola, il supporto ligneo dove andiamo a “scrivere” l’icona (perché l’icona è “scritta”, non è “dipinta”), viene lisciata, rifinita di olii, successivamente ricoperta con il lino ed imbiancata con il gesso di Bologna, viene “stratificata” quasi come l’anima per rivestirsi di Cristo”. Un’autentica metafora spirituale: “Si prosegue con il disegno e con la cromatura delle varie aree - catechizza il monaco artista - I colori sono dei pigmenti, delle terre che io ritiro direttamente dalla Grecia: alcune più preziose, come il cobalto, il rosso cadmio e l’azzurrino, provengono esclusivamente dai monaci del Monte Athos”. “Questi pigmenti vengono miscelati con il collante naturale che è composto da tuorlo d’uovo, aceto e vino bianco – rivela - Si forma una mistione che lega le terre e mi permette di stenderle, quindi di dipingere. Oltre all’uso tradizionale dei pigmenti naturali, sto arricchendo le icone anche con pietre semi-preziose ed oro 24 carati”. “Spesso utilizzo “l’orone”, una foglia di ottone che resiste, ha il suo effetto e consente un costo più contenuto del prodotto - precisa padre Domenico - Ci sono altri fregi che aggiungo per rendere più appariscente e bella la singola opera: l’icona è la Bellezza per antonomasia, deve attirare l’anima verso il Bello che è Dio”. Le raffigurazioni sono ovviamente di matrice bizantina: “Alcune icone, tipo il Buon Pastore, sono frutto di una teologia e di una spiritualità più moderna - commenta lo ieromonaco - I soggetti essenziali, secondo la tradizione orientale, corrispondono al Cristo Pantocratore, la Vergine Eleusa ovvero la Madonna della Tenerezza, la Madonna Odigitria, colei che indica la via che è Gesù. Sono icone molto gettonate perché molto semplici. L’icona è “biblia pauperum”, la Bibbia dei poveri, quindi più semplice è nella sua forma, meglio è realizzabile”.
Moderne sono invece le immagini più complesse di scene evangeliche con più personaggi – continua - Io intendo riprodurre icone quanto più fedeli all’Oriente Cristiano ed alla teologia bizantina. L’icona nasce dall’interpretazione della Chiesa e dei suoi Padri. Iconografo è colui che presta le mani alla Chiesa: un artista autonomo è ispirato ad imprimere e rappresentare la propria idea, invece l’iconografo è un semplice ed umile strumento nelle mani della Chiesa e fa quello che essa ha descritto ed interpretato”.
Accomunati due personaggi sacri: “A Corfù c’è il gemello di San Nicola, che è San Spyridon! - rivela padre Domenico, in merito al patrono della magnifica cattedrale incastonata nei kantounia nel cuore di Kerkyra città - Nel mio atelier sto appunto realizzando un’icona di san Spyridon, poiché molti ortodossi vorrebbero visitare le chiese dedicate a San Nicola ed associarlo. La caratteristica di questo santo, la cui tomba ho avuto modo di contemplare a Corfù, risiede nell’indossare come copricapo non classiche mitrie episcopali, ma un cesto”. Didattica interessante, che promette di crescere nell’immaginario collettivo locale: “La mia scuola iconografica da me funziona così: è legata agli esercizi spirituali- precisa padre Domenico Cantore- Devo dare un senso al mio gruppo di lavoro: esistono tanti iconografi, ma io devo offrire di più. Devo offrire qualcosa che rimanga nell’animo: colui che viene da me, deve imparare non solo a “dipingere”, “scrivere un’icona”, ma a “sentirla”. Vado in profondità: in un determinato periodo, l’allievo conosce i canoni dell’iconografia, si dedica allo studio della liturgia bizantina e della chiesa ortodossa”. “Quando l’allievo andrà a rappresentare l’immagine sacra - spiega il monaco ginosino - dovrà necessariamente partire dalla spiritualità, perché l’icona va pregata, è frutto stesso della preghiera. Nasce da un bozzetto e dalla contemplazione, come di una vocazione interiore. Non tutti dipingono la stessa icona: prima invito alla meditazione, alla preghiera. Poi sono i singoli allievi a scegliere l’immagine che vogliono dipingere: è frutto dello spirito, non solamente di una preparazione didattica”. La promozione dei “capolavori intimistici” è sinergica al sostentamento della Fraternità: “Ci manteniamo dalla vendita delle icone, purtroppo non vendiamo molto perché non abbiamo un negozio o un punto fisso per l’acquisto - conclude padre Domenico Cantore - Però anche molti ortodossi vengono qui a commissionarmi le opere per le loro chiese. I greco-cattolici bizantini me le hanno richieste per le loro iconostasi e liturgie. Ho realizzato anche per il nostro territorio: l’immagine sovrastante di Cristo per le chiese di San Lorenzo a Laterza ed altre per la struttura di San Leopoldo a Massafra”.

Alessandra Carpino








 

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Abbiamo scelto questa canzone perché in qualche modo ci rappresenta, anche se è una condizione piuttosto comune a molti nella nostra epoca. Anche noi quando dobbiamo riunirci, per un motivo o per l'altro, per impegni di uno o dell'altro, troviamo difficile se non impossibile incontrarci. Inoltre è cantata da un gruppo di bravi artisti affiatati che speriamo possano portare fortuna alla nostra associazione. Cliccando qui possiamo trovare il testo e la traduzione in italiano