Riceviamo dal socio Aldo Simonetti un contributo interessante sui rapporti culturali e linguistici, e in particolare sulle eredità nei toponimi, tra lingue slave e greco. Ringraziamo Aldo per l'intervento.
Giunti dal nord intorno alla seconda metà del VI secolo, a seguito delle grandi ondate migratorie che interessano i Balcani, gli Slavi recano con sé brama di bottini e di terre, riuscendo in breve tempo a sottomettere la Grecia peninsulare e le Isole Ionie, sino a raggiungere Creta nel 623.
Quantunque non nutrano serie velleità di conquista, né puntino direttamente a Bisanzio, da questa, a cagione di un fondato timore, giunge il 'placet' per una loro organizzazione territoriale mediante l'istituzione di 'sklaviniae', che richiamano i 'temi' di recente formazione.
Quali elementi gli invasori abbiano apportato alla cultura greca, è presto detto. Al di là dei tanto vituperati saccheggi (e fors'anche la distruzione di templi e città preesistenti), le uniche eredità concernono la sfera linguistica.
A cominciare dal lessico, laddove compaiono alcuni termini di chiara matrice slava (provenienti dal protoslavo, linguaggio di sola tradizione orale), e pertinenti l'ambito agricolo e domestico, ma anche vocaboli quali vidra (βίδρα, per 'lontra'), vava (βάβα, per 'nonna'), sklavos (σκλάβος, per 'schiavo')
Anche la morfologia potrebbe offrirci qualche spunto interessante. E' necessario, in tal senso, far uso del condizionale, dacchè la linguistica ufficiale tentenna nell'impartire in merito la sua benedizione. Uno fra tutti, l'impiego del digramma ts, per rappresentare il suono dell'affricata alveolare sorda, come nel caso di retsina (pετσίνα), presumibile importazione degli occupanti in questione. Appare assai più probabile, tuttavia, una discendenza slava per il suffisso del diminutivo femminile - ίτσα : μανουλίτσα (manoulitsa), χοριτσα (chorìtsa), σακουλίτσα. A sostegno di questa tesi bastano il toponimo Konitsa, il cui etimo è slavo, e il vocabolo serbo drugarica.
Ma è la toponomastica, appunto, a svelarci gli effettivi lasciti dei dominatori. Dall'Epiro al Peloponneso è tutto un susseguirsi di nomi di località, monti e corsi d'acqua di origine palesemente non ellenica. Sarebbe in ogni modo impossibile elencarli uno per uno, vista l'enorme mole; del resto, un insigne linguista russo (per metà teutonico) del Novecento, Max Vasmer, ebbe a segnalare per il solo Peloponneso ben oltre 400 toponimi slavi!
E' pertanto opportuno, in questa sede, segnalare i più rilevanti, semplicemente scorrendo una carta geografica di recente edizione. Le spie che ne consentono l'individuazione? In buona parte dei casi, i suffissi -itsa e -ovo (-ova), nonché svariati etonimi traslitterati in greco (vedi Charvati, villaggio nei pressi di Micene, cfr. Croati).
EPIRO: Igoumenitsa (Ηγουμενίτσα); Konitsa (Κόνιτσα); Vrossina (Βροσίνα); Metsovo (Μέτσοβο, cfr. lo slavo Mestovo, piccola località', con metatesi); Zitsa (Ζίτσα); Prevesa (Πρέβεζα).
MACEDONIA: Grevena (Γρεβενά); Kozani (Κοζάνη); Drepano (Δρέπανο); Servia (Σέρβια).
TESSAGLIA: Zagorà (Ζαγορά); Makrinitsa (Μακρινίτσα); Tirnavos (Τύρναβος, cfr. il toponimo Trnava, città della Slovacchia).
GRECIA CENTRALE: Granitsa (Γρανίτσα); Voulgara (Βουλγάρα, nome di una montagna, cfr. l'etonimo Bulgari); Gardiki (Γαρδίκι, con metatesi della liquida, cfr. il serbo grad e il ceco hrad); Kamena Vourla (Καμένα Βούρλα), Arahova (Αράχωβα).
Annota
il patriarca Nicola III in uno dei suoi scritti: “Durante
duecentodiciotto anni non un solo romano (bizantino) ha potuto metter
piede nel Peloponneso”. Sette secoli più tardi, il romantico
tedesco Fallermayer, autore di numerosi saggi ed apprezzato storico,
sostiene che “non una goccia di sangue greco scorreva più in quel
territorio dapprima di loro appartenenza”, con riferimento all'Alto
Medioevo.
Benchè,
prestando fede a dette affermazioni (sovente travisate da studiosi
successivi, sulla scorta delle quali hanno avanzato una suggestiva -
quanto improbabile - ipotesi di un'origine slava degli attuali
greci), ci si attesti alle soglie dell'eresia, è proprio vero: per
oltre due secoli, gran parte della Grecia, suo malgrado, subisce il
disdoro della dominazione slava.Giunti dal nord intorno alla seconda metà del VI secolo, a seguito delle grandi ondate migratorie che interessano i Balcani, gli Slavi recano con sé brama di bottini e di terre, riuscendo in breve tempo a sottomettere la Grecia peninsulare e le Isole Ionie, sino a raggiungere Creta nel 623.
Quantunque non nutrano serie velleità di conquista, né puntino direttamente a Bisanzio, da questa, a cagione di un fondato timore, giunge il 'placet' per una loro organizzazione territoriale mediante l'istituzione di 'sklaviniae', che richiamano i 'temi' di recente formazione.
Quali elementi gli invasori abbiano apportato alla cultura greca, è presto detto. Al di là dei tanto vituperati saccheggi (e fors'anche la distruzione di templi e città preesistenti), le uniche eredità concernono la sfera linguistica.
A cominciare dal lessico, laddove compaiono alcuni termini di chiara matrice slava (provenienti dal protoslavo, linguaggio di sola tradizione orale), e pertinenti l'ambito agricolo e domestico, ma anche vocaboli quali vidra (βίδρα, per 'lontra'), vava (βάβα, per 'nonna'), sklavos (σκλάβος, per 'schiavo')
Anche la morfologia potrebbe offrirci qualche spunto interessante. E' necessario, in tal senso, far uso del condizionale, dacchè la linguistica ufficiale tentenna nell'impartire in merito la sua benedizione. Uno fra tutti, l'impiego del digramma ts, per rappresentare il suono dell'affricata alveolare sorda, come nel caso di retsina (pετσίνα), presumibile importazione degli occupanti in questione. Appare assai più probabile, tuttavia, una discendenza slava per il suffisso del diminutivo femminile - ίτσα : μανουλίτσα (manoulitsa), χοριτσα (chorìtsa), σακουλίτσα. A sostegno di questa tesi bastano il toponimo Konitsa, il cui etimo è slavo, e il vocabolo serbo drugarica.
Ma è la toponomastica, appunto, a svelarci gli effettivi lasciti dei dominatori. Dall'Epiro al Peloponneso è tutto un susseguirsi di nomi di località, monti e corsi d'acqua di origine palesemente non ellenica. Sarebbe in ogni modo impossibile elencarli uno per uno, vista l'enorme mole; del resto, un insigne linguista russo (per metà teutonico) del Novecento, Max Vasmer, ebbe a segnalare per il solo Peloponneso ben oltre 400 toponimi slavi!
E' pertanto opportuno, in questa sede, segnalare i più rilevanti, semplicemente scorrendo una carta geografica di recente edizione. Le spie che ne consentono l'individuazione? In buona parte dei casi, i suffissi -itsa e -ovo (-ova), nonché svariati etonimi traslitterati in greco (vedi Charvati, villaggio nei pressi di Micene, cfr. Croati).
EPIRO: Igoumenitsa (Ηγουμενίτσα); Konitsa (Κόνιτσα); Vrossina (Βροσίνα); Metsovo (Μέτσοβο, cfr. lo slavo Mestovo, piccola località', con metatesi); Zitsa (Ζίτσα); Prevesa (Πρέβεζα).
MACEDONIA: Grevena (Γρεβενά); Kozani (Κοζάνη); Drepano (Δρέπανο); Servia (Σέρβια).
TESSAGLIA: Zagorà (Ζαγορά); Makrinitsa (Μακρινίτσα); Tirnavos (Τύρναβος, cfr. il toponimo Trnava, città della Slovacchia).
GRECIA CENTRALE: Granitsa (Γρανίτσα); Voulgara (Βουλγάρα, nome di una montagna, cfr. l'etonimo Bulgari); Gardiki (Γαρδίκι, con metatesi della liquida, cfr. il serbo grad e il ceco hrad); Kamena Vourla (Καμένα Βούρλα), Arahova (Αράχωβα).
PELOPONNESO:
Vrahati
(Βραχάτι, cittadina a pochi chilometri da Corinto), Derveni
(Δερβένι), Varda
(Βάρδα), Vitina
(Βυτίνα).
Aldo Simonetti
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